Crisi, crisi, crisi: quante volte dal 2008 ad oggi i media ci hanno bombardato con questa parola? Se ne sente parlare ovunque, è uno tsunami che ha investito in pieno le fondamenta della nostra stabilità sociale.
Ci ha resi insicuri, preoccupati, deboli riconfermando ancora una volta quanto economie apparentemente forti e indistruttibili siano in realtà bombe ad orologeria pronte ad esplodere provocando danni a livello globale se non si è pronti a gestire i problemi che inevitabilmente ne derivano. Purtroppo però la crisi economica è solo l’inizio di una terribile catena di eventi che si innesca e pare inarrestabile: una conseguenza è l’acuirsi di altri problemi che interessano da anni il nostro pianeta; uno di questi è la crisi alimentare. Crisi che sta colpendo settori di popolazione povera anche nei Paesi industrializzati, non solo in quelli sottosviluppati o in via di sviluppo.
I recenti dati FAO sulla fame (disponibili sul sito web dell'organizzazione) sono davvero sconcertanti: nel periodo 2010 – 2012 sono state quasi 870 milioni le persone ad aver sofferto la fame (di cui 16 milioni in Paesi sviluppati). Eppure il nostro pianeta, nonostante la popolazione mondiale abbia superato quota 7 miliardi di anime e nonostante il progressivo avvicinamento ad un punto di non ritorno, sarebbe in grado di produrre abbastanza per tutti. E’ come assistere alla lotta tra due cani per una ciotola di mangime: quello possente, forte e grasso scaccia il cane più debole, malato, scheletrico, a cui lascia solo briciole. Cosa è possibile fare allora? Cosa si può fare in questi tempi di crisi, in cui il denaro scarseggia? Qualcosa di molto semplice, a dire il vero: diffondere la consapevolezza. Educare le nuove generazioni al rispetto per il cibo e all'impatto negativo rappresentato dagli sprechi è un buon inizio. Occorre gestire meglio il cibo che acquistiamo e che finisce sulle nostre tavole, senza mai dimenticare che i quintali di cibo che mediamente si sprecano potrebbero sfamare milioni di persone, che non hanno la possibilità di urlare al mondo la loro sofferenza per poter squarciare così il velo dell’ignoranza. Sta poi anche ai singoli governi attuare politiche sociali che non lascino soli i sofferenti.
"Sapere è potere", disse un filosofo come Bacone. E’ questa la giusta ricetta: una buona dose di conoscenza, a cui si aggiungerà un pizzico di speranza, rivolta al futuro. L’intento di questo breve articolo non è quello di fare un’ipocrita constatazione dell’attuale situazione sulla povertà nel mondo; l’intento è quello di porre l’attenzione su tre potenti parole, su cui ognuno di noi può riflettere per impostare poi le proprie scelte e da cui possono essere gettate le basi per lo sviluppo di un futuro migliore: consapevolezza, conoscenza, responsabilità. Il sogno che si verifichi un cambiamento è grande, forse fin troppo, ma bisogna pur lottare: tentare non nuoce.