Il futuro dell’agricoltura, e quindi dell’umanità, passa attraverso le donne. Migliorare la condizione lavorativa e socioculturale femminile deve essere un obiettivo primario della società contemporanea.
Poco, troppo poco, si è fatto e si sta facendo per consentire finalmente alle donne, soprattutto dei paesi in via di sviluppo, di uscire dalla condizione di subordinazione dove sono ancora oggi relegate da retaggi culturali discriminatori, interessi economici, disinformazione e ignoranza diffusa.
La globalizzazione sta trasformando radicalmente e velocemente i modelli di produzione e di commercializzazione agricola: a farne le spese sono soprattutto le coltivatrici rurali nelle nazioni più arretrate, prive di diritti legali, di istruzione e di organismi di solidarietà e di tutela.
Piccoli grandi passi si stanno tuttavia compiendo ogni giorno nelle campagne del sud del mondo: riempie il cuore di speranza scoprire come siano soprattutto altre donne ad aver deciso farsi carico del futuro delle loro compagne, in particolare delle contadine, da sempre la fascia più debole.
Grandi donne lavorano ogni giorno per fare bene e presto, senza aspettare un cambiamento dall’alto che non arriva: in tutto il mondo numerosissime attiviste stanno lottando con le loro forze per rompere la rete di povertà, violenza e ricatti che imprigiona le lavoratrici agricole.
C’è Leticia Brenyah che in Ghana insegna alle donne l’uso del trattore e delle tecnologie agricole per combattere malnutrizione e povertà.
C’è la signora Binta Sarr che in Senegal lotta per diffondere istruzione di base e controllo delle terre e delle risorse.
C’è la tenace Vandana Shiva, l’ambientalista indiana che attraverso la sua lotta e i suoi scritti è riuscita ad attirare l’attenzione dei governi occidentali sui disastrosi effetti ambientali e sociali causati dalle multinazionali, dagli OGM e dalle monocolture che distruggono i campi, le varietà agricole e i metodi tradizionali praticati dalle contadine, ovvero coloro che secondo l’attivista «hanno conservato capacità e conoscenze per la conservazione della biodiversità e per il mantenimento e lo sviluppo di un’economia basata proprio su di essa».
Ci sono le donne di El Salvador, delle Filippine, del Malawi e di numerosi altri paesi che manifestano affinché venga riconosciuta la possibilità di possedere ed ereditare legalmente la terra, diritto che spesso è consentito ai soli uomini.
Insieme a loro in tutto il mondo ci altre sono migliaia di attiviste. Coraggiose, testarde, caparbie, solidali e generose: in una parola Donne.
Ancora una volta saranno loro a salvare il nostro pianeta. Prima di chiunque altro hanno capito che, come dice un proverbio africano, «Il momento migliore per piantare un albero era vent’anni fa. Oppure adesso». Un albero i cui frutti saranno cibo e benessere, istruzione e uguaglianza.
Un nuovo futuro sembra sorgere all’orizzonte: un futuro più verde e più rosa.