L’immagine di Silvana Mangano mondina cinematografica simbolo di una mondo rurale al femminile fatto di sfruttamento, fatica e soprusi è fortunatamente lontana secoli dalla realtà attuale della contadina italiana.
Sì perché l’”agricoltura rosa” nel nostro paese è costituita da donne manager che ormai gestiscono con successo un’impresa agricola su tre (dati Coldiretti). Sarà che queste contadine imprenditrici hanno più fantasia dei colleghi maschi, sarà che quando si tratta di studiare e impegnarsi non le batte nessuno, ma le donne nell’agricoltura italiana stanno letteralmente rivoluzionando il settore. Trecentomila donne, con trascorsi molto diversi, che nel segno dell’innovazione hanno lanciato la sfida alla crisi che colpisce il mondo dei campi. Insomma donne che vogliono unire la sfida del mercato con il rispetto dell’ambiente e una nuova qualità della vita, per sé e per le proprie famiglie.
C’è chi si occupa di settori tradizionali e in un certo senso più femminili come la floricoltura, chi si intestardisce a recuperare colture di nicchia quasi scomparse, come la manna siciliana ( un dolcificante che si ottiene dal tronco dei frassini) e chi lancia la sfida in settori da sempre appannaggio maschile, come la viticoltura e la produzione di vino. Da 25 anni l’associazione Donne del vino - guidata con grande competenza dalla napoletana Elena Martusciello che è a capo dell’azienda di famiglia impegnata nella valorizzazione dei vitigni autoctoni campani- cresce vertiginosamente portando un contributo fondamentale alla modernizzazione del mondo vitivinicolo italiano ancora troppo segnato dal passato.
E poi ci sono esperienze di singole donne che l’agricoltura l’hanno scoperta “sentimentalmente”, quasi con romanticismo. E’ il caso di Nicoletta Bocca che ha iniziato a occuparsi di vitivinicoltura arrivando da Milano, senza sapere nulla della campagna , ma ricordando che il padre, il famoso giornalista, aveva sempre amato bere bene e ogni anno portava tutta la famiglia in Langa per la vendemmia. Ora ha un’azienda che produce Dolcetto e la sua sfida è quella di salvare un territorio che sta lottando per sopravvivere, che sta lottando per creare un’economia, per tenere lì i giovani, per evitare che le vigne vengano abbandonate.
Quello dell’agricoltura rosa è un mondo in continua evoluzione e negli ultimi anni la parola d’ordine sembra essere “multifunzionalità” (la signora Crespi, che gestisce l’azienda della Zelata lungo il Ticino, ha fatto scuola !). Insomma non più solo valorizzazione dei prodotti tipici, bioagricoltura, vendita diretta e associazione alla rete dei Gas, ma anche agriturismo, fattorie didattiche e perché no agrivacanze per bambini e ragazzi, pet therapy e via dicendo. Tutti tasselli che stanno contribuendo al rilancio economico della campagna, vissuta non più come marginalità ma come opportunità di sviluppo.
E’ un percorso entusiasmante, sicuramente vincente, ma che sta trovando mille ostacoli nella cecità del sistema Italia, per ora poco attento - con i suoi burocratismi e con la cronica mancanza di finanziamenti- a questo universo femminile che rivoluzionerà il mondo rurale del nostro paese.