Vi è un «assentamento»(1), nell’arido entroterra paraibano, resosi recentemente protagonista di una storia di riscatto tutta al femminile: il suo nome è “Angélica”, e ad affollare il chiassoso patio della minuscola “fabbrica” dove si realizza «o sonho» è un’allegra combriccola di quattordici donne, madri, mogli e figlie: sono loro le protagoniste di questa singolare storia in salsa brasiliana.
Nato dall’idea di una suora della CPT(2) regionale che aveva notato la grande varietà di frutta presente nel luogo, e, per contra, il suo mancato utilizzo, il gruppo è riuscito, nell’arco di un solo anno, a produrre deliziosi dolci e torte di frutta (di banana, mango, guaiava, papaia, limone, ecc.) agroecologici, ottenuti cioè senza l’utilizzo di pesticidi o sostanze agrotossiche, sostituiti dai più organici limoni, ad esempio, che prendono il posto dell’acido citrico, o dal più noto ‘frutto della passione’ (maracujá), la cui buccia viene impiegata al posto della peptina; comunitari, poiché immessi nei circuiti commerciali locali o redistribuiti alle famiglie più indigenti, che riescono così ad auto-sostentarsi; e sostenibili, essendo questo, in particolare, motivo di orgoglio delle popolazioni del brullo retroterra nordestino, il cui bioma, la caatinga (letteralmente, “foresta bianca”), nonostante detenga il record mondiale in quanto vegetazione esclusiva del Brasile, tuttavia si è visto ridurre la sua estensione originaria del 90% in pochi anni, a causa della deforestazione, degli allevamenti intensivi e dell’applicazione indiscriminata di pesticidi. Pochi passi fondamentali hanno determinato il successo dell’iniziativa: il governo federale acquista ora le torte e i dolci direttamente dalle agricoltrici, per poi redistribuirli alle loro famiglie, perlopiù bisognose, o rivenderli nei mercati, nelle scuole e nelle fiere locali. In questo modo viene facilitato l’accesso delle stesse al mercato e assicurata la loro permanenza in esso, garantendone la vendita dei prodotti a prezzi rimunerativi. Al di là del suo ritorno economico e degli evidenti benefici all’ambiente, l’esperienza in sé ha dimostrato di avere anche altri effetti positivi sulla comunità, primo fra tutti:la questione di genere. Lasciata alle spalle una certa dose di machismo ancora imperante nell’entroterra brasiliano, finanche i mariti, i compagni, i fratelli e i figli delle partecipanti all’iniziativa sono giunti a comprendere che queste potevano essere e sono (senza per questo venire meno ai loro doveri coniugali e familiari) molto più che semplici ‘donne di casa’. Tale percezione «esplode» in tutta la sua grandezza se si volge lo sguardo verso le stesse «mastre dolciarie»: ricoprendo a turno il ruolo di cuoche, impresarie, venditrici, esse riscoprono giornalmente le proprie capacità e abilità, l’autonomia raggiunta, in un esercizio quotidiano di ri-conquista dei propri spazi. Il prossimo traguardo? La conquista della libertà, in quanto produttrici e in quanto donne, attraverso l’apertura di un proprio punto-vendita locale. (1) Insediamento (2) Comissão Pastoral da Terra (http://www.cptnacional.org.br/)