Secondo Ifad e Fao per rilanciare l’economia della regione bisogna investire nei prodotti alimentari di base e garantire l’accesso a risorse e mercati per le donne
Dal Mali alla Nigeria, da Capo Verde alla Costa d’Avorio, la terra di questa porzione d’Africa è ricca di risorse agricole, ma affinché raggiungano il loro potenziale sono necessari interventi precisi. La recente pubblicazione “Rebuilging, West Africa’s food potential” (www.fao.org/docrep/018/i3222e/i3222e.pdf) curata dalle due agenzie delle Nazioni Unite -Ifad (www.ifad.org) e Fao (www.fao.org) -contiene alcune raccomandazioni, rivolte agli agricoltori e ai Governi della regione, che hanno lo scopo di accelerare l'attuazione dei programmi di investimenti agricoli nazionali nell'ambito del Programma globale di sviluppo agricolo dell'Africa – CAADP (www.nepad-caadp.net).
Secondo lo studio, l’Africa occidentale dovrebbe aumentare la produttività, favorire la competitività e adottare politiche di sostegno all’attività agricola perché, come scrive Aziz Elbehri, economista della Fao che ha curato la pubblicazione, “questa regione ha sviluppato meno di altre zone dell'Africa le infrastrutture di base, ha investito meno in ricerca e sviluppo e nella trasformazione dei prodotti agricoli".
Nello specifico, i governi dovrebbero garantire ai piccoli agricoltori un maggiore accesso a credito, risorse e mercati, dando però la priorità alle donne che, si legge nel volume, hanno un ruolo centrale nella catena alimentare della regione. Si occupano infatti della produzione e della trasformazione di molti alimenti di base in diversi Paesi dell’Africa occidentale come il riso parboiled in Burkina Faso, la manioca in Camerun e l’olio di palma in Ghana.
“Gli agricoltori non riescono ad aumentare la produzione poiché faticano a vendere i loro raccolti, essendo i prodotti importati più economici -scrive Elbehri- "Servono quindi politiche di mercato che rendano più competitivi i prodotti agricoli locali”, ma anche incentivi al commercio, entro i confini della regione stessa, delle produzioni locali, fra cui il mais. Secondo le stime della Fao, infatti, solo il 3% del mais coltivato nella regione è stato scambiato all'interno della Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS), tra il 2005 e il 2009, anche a causa di alcuni ostacoli allo sviluppo di un commercio interregionale fra cui la scarsità delle reti di trasporto e il conflitto fra le politiche commerciali dei diversi Paesi, che causano un ritardo sulle rotte commerciali occidentali. Il mais, insieme alla manioca, è uno dei “principali pilastri della sicurezza alimentare dell'Africa occidentale”, grazie cui gli agricoltori della regione potrebbero avviare “un’agro-industria fiorente”. Gli investimenti agricoli dovrebbero quindi concentrarsi proprio sulle colture alimentari di base, spesso sacrificate per alcuni prodotti d’esportazione come, ad esempio, il riso, che attualmente viene importato al 70%.
Poiché anche i mercati internazionali offrono opportunità di reddito e occupazione, le regioni occidentali dovrebbero investire anche nelle colture d’esportazione, fra cui cacao, cotone e caffè, frutta tropicale e in alcuni “prodotti di nicchia” come semi di sesamo e anacardi.
Ifad e Fao ritengono inoltre necessario rafforzare le organizzazioni degli agricoltori, affinché abbiano un maggior potere decisionale negli accordi con fornitori e acquirenti e un ruolo attivo nel dialogo politico con le istituzioni.