Monsanto saluta l'Europa, il Regno Unito si candida a sostenerlo. L'Italia vota la clausola di salvaguardia
In un'intervista rilasciata al giornale "Investigative Reporting Denmark", la multinazionale dell'agroalimentare Monsanto -attraverso Brandon Mitchener, capo Affari Pubblici per Monsanto in Europa e in Medio Oriente- ha dato conto dell'interruzione di ogni frammento di produzione di mais geneticamente modificato nel Vecchio continente. Una notizia di non poco conto che è passata sotto silenzio. I Paesi d'Europa che resisteranno nell'agenda Monsanto rimangono Spagna, Portogallo e Repubblica Ceca.
Il piccolo passo indietro di Monsanto giunge dopo mesi di mobilitazioni su scala europea, culminati il 25 maggio scorso con la "March against Monsanto", in 436 città, dove associazioni, movimenti e singoli cittadini hanno partecipato ad una protesta su scala globale contro i semi e il cibo geneticamente modificato prodotti dalla multinazionale.
Aria ben diversa si respira nel Regno Unito, dove il ministro dell’Ambiente Owen Paterson, con la scusa della liberalizzazione del settore e dell'incremento della produttività, ha dato conto ai media nazionali di un suo imminente viaggio a Bruxelles per far invertire la rotta alla Commissione europea, allentando le maglie poste intorno al granturco geneticamente modificato.
In Italia, si è fermi al 23 maggio scorso, quando è stata approvata dal Senato la richiesta al governo di varare il decreto sulla clausola di salvaguardia che consente ad uno Stato di vietare la coltivazione di prodotti transgenici per motivi sanitari o di tutela ambientale. Ricerca scientifica pubblica in materia agricola intesa a "rafforzare la già efficace opera di monitoraggio e controllo posta in essere con il coinvolgimento del corpo forestale dello stato, per evitare la contaminazione tra colture geneticamente modificate e non e per controllare l'eventuale presenza di sementi transgeniche non autorizzate", questo l'impegno dell'Italia.