Microcredito con e per le donne: l'empowerment agricolo al femminile “Spesso le grandi imprese nascono da piccole opportunità” affermava Demostene nel IV secolo a.C. Una conferma arriva, più di duemila anni dopo, dal microcredito: uno strumento economico creato verso la metà degli anni Settanta dall’economista indiano Muhammad Yunus che dimostra di essere per le donne una valida occasione di crescita.
Oggi il microcredito è diffuso in oltre cento nazioni nei cinque continenti, dagli Stati Uniti all'Uganda, facilitando l’accesso al credito a coloro che – spesso donne – non hanno la possibilità di usufruire dei prestiti bancari tradizionali per la fragilità politica, le scarse infrastrutture e le conoscenze tecnologiche limitate. Ma il microcredito di Yunus si rivolge proprio a queste realtà e soprattutto a quelle gestite dalle donne. La Grameen Bank (“la banca del villaggio”) annualmente eroga finanziamenti per circa 800 milioni, per una media di 130 dollari di prestiti. Dei prestiti erogati in Bangladesh, paese natale di Yunus, sono 6.5 milioni i prestiti stanziati, di cui il 97% a donne. “Relativamente parlando - si legge nel Banchiere dei poveri che Yunus ha pubblicato nel ’98 - la fame e la povertà riguardano più le donne che gli uomini. Se in una famiglia qualcuno deve soffrire la fame sarà sicuramente la donna. Ed è sempre la donna in quanto madre che vive la traumatica esperienza di non essere in grado di sfamare i bambini con il proprio latte in tempi di penuria e carestia”. Attraverso un capitale iniziale, le donne possono acquistare semi, terreni e attrezzature agricole per dare vita ad una loro impresa. Secondo i dati della F.A.O. in media le donne costituiscono il 43% della forza lavoro agricola nei Paesi in via di sviluppo: il 20 per cento nei Paesi latino americani, quasi il 50 per cento in Asia orientale e sudorientale, compresa l'Africa sub sahariana. Eppure, le donne continuano ad avere meno opportunità degli uomini. È quello che viene chiamato divario di genere: un ostacolo alla produttività che impedisce di raggiungere obiettivi economici per lo sviluppo sociale. “Chiudere il divario di genere in agricoltura - sostiene la F.A.O. - produrrebbe significativi guadagni per la società: aumento della produttività agricola, riduzione della povertà e della fame, promozione della crescita economica”. Non solo. Aumentando la produzione agricola dal 2,5 al 4 per cento diminuirebbero, di conseguenza, il numero di affamati in tutto il mondo, dal 12 al 17 per cento. “Le donne sono, più che mai, in prima linea nel sostenere aziende a conduzione familiare – ha ricordato la Caritas lo scorso 8 marzo, dedicando al lavoro agricolo femminile la giornata internazionale della donna - ma ancora si trovano negate le stesse risorse degli uomini. Questo porta alla fame e intrappola le donne in un ciclo di povertà”. L'obiettivo per Yunus non è chiedere garanzie ed interessi ma “dare una possibilità a chi non ne ha mai avute”.